IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza per la rimessione di questione
 di  legittimita'  costituzionale  alla   Corte   costituzionale   nel
 procedimento  r.g.l.  n.  4793/95  promosso  da  Bentivogli  Alfredo,
 Bentivogli  Oriano,  Bentivogli  Mario  ed  altri,  quali  eredi   di
 Bentivogli  Luigi (avv.  Francesco Ventrella) contro l'I.N.P.S. (avv.
 Rosanna De Lorenzi).  Svolgimento del processo
   1. - I ricorrenti,  soci  ed  eredi  di  soci  della  Autotrasporti
 Fratelli  Bentivogli  S.n.c.  di  Luigi,  Remo Bentivogli e C., hanno
 chiamato in giudizio con ricorso del 7 dicembre 1995 l'INPS ed  hanno
 dedotto  che fino al novembre 1985 la societa' aveva versato all'INPS
 i contributi obbligatori per  la  invalidita'  e  la  vecchiaia  come
 impresa  artigiana.    A  seguito  di  una  ispezione  conclusasi nel
 novembre 1985 I'INPS aveva accertato che la societa'  aveva  superato
 il  limite  di  legge  nel  numero  degli  occupati nei periodi dal 1
 gennaio al 30 giugno 1978, dal 1 aprile 1979 al 30 settembre  1980  e
 dal  primo  gennaio  1980 al 31 agosto 1985, e percio' che la impresa
 non  poteva  essere  considerata   artigiana   agli   effetti   della
 contribuzione  dovuta  per  i propri dipendenti.  In relazione a tale
 accertamento la societa' il  19  novembre  1985  aveva  provveduto  a
 regolarizzare  la  contribuzione  per  tali  periodi con il pagamento
 all'INPS di quanto dovuto.
   Il 30  settembre  1985  i  soci  Oriano,  Alfredo,  Mario  e  Luigi
 Bentivogli   avevano   chiesto   all'INPS   la   restituzione   della
 contribuzione obbligatoria versata per il periodo dal 1 gennaio  1978
 al  31  agosto  1985  quali soci di una impresa non piu' riconosciuta
 come artigiana e cancellata come tale  dall'elenco  dei  contribuenti
 dell'assicurazione I.V.S.
   Poiche'  l'INPS  non  aveva  dato alcuna risposta alla richiesta di
 ripetizione presentata tramite il patronato il legale dei  ricorrenti
 aveva  chiesto  il pagamento dell'indebito il 5 dicembre 1994. L'INPS
 aveva provveduto  al  rimborso  dei  contributi  ed  aveva  pagato  a
 ciascuno  dei quattro soci L.7.526.676, con versamenti bancari del 20
 febbraio 1995 e con assegni trasmessi il 9 marzo 1995.
   I primi tre soci e gli eredi di Luigi  Bentivogli  avevano  chiesto
 con  lettera  dell'11  maggio  1995 che l'INPS corrispondesse loro la
 ulteriore  somma  di  lire  840.000,  come  rimborso  dei  contributi
 divenuti  indebiti  ed  anche  gli interesi legali e la rivalutazione
 monetaria.
   Sono state presentate le conclusioni che si trascrivono di seguito:
   "Piaccia all'Ill.mo sig. pretore; Contrariis  rejectis;  previe  le
 declaratorie di legge e del caso:
     condannare   l'Istituto   nazionale   della   previdenza  sociale
 (I.N.P.S.)  al pagamento delle seguenti somme  dovute  ai  ricorrenti
 nella  misura  qui di seguito indicata od in quella maggiore o minore
 somma che verra' ritenuta di giustizia:
      Bentivogli Alfredo, lire 840.133;
      Bentivogli Oriano, lire 830.626;
      Bentivogli Mario, lire 839.626;
      eredi di Bentivogli Luigi, lire 840.133, a titolo di rimborsi  a
 saldo dei contributi l.V.S. indebitamente pagati per il periodo dal 1
 gennaio 1985 al 31 agosto 1985;
     condannare  altresi'  l'I.N.P.S.  al  pagamento  degli  interessi
 legali come per legge sulle somme restituite e da restituire a titolo
 di   contributi   previdenziali   indebitamente    riscossi,    dalla
 presentazione  della  domanda  amministrativa  di  rimborso al saldo,
 nonche' al pagamento per lo stesso periodo dei danni da  svalutazione
 monetaria;
     in  via subordinata e nella denegata ipotesi in cui l'lll.mo sig.
 pretore ritenga applicabile al caso di specie il  disposto  dell'art.
 12  della  legge  n.  613/1966  e  qualora non ritenga manifestamente
 infondata  l'eccezione  di   illlegittimita'   costituzionale   della
 predetta   norma   in   quanto   in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione, voglia emettere ordinanza ai sensi dell'art.  23  della
 legge 11 marzo 1953, n. 87, disponendo l'immediata trasmissione degli
 atti  alla  Corte  costituzionale  ed  ordinando  la  sospensione del
 presente giudizio."
   2. - L'I.N.P.S. si e' costituito ed ha eccepito che l'art. 12 della
 legge 22 luglio 1966 n. 613  esclude  il  pagamento  degli  interessi
 legali nel caso della restituzione di contributi I.V.S. indebitamente
 versati da artigiani e commercianti all'I.N.P.S.
   La  difesa dell'I.N.P.S. ha sostenuto che non era dovuta nemmeno la
 rivalutazione monetaria chiesta,  ne'  alcun  ulteriore  rimborso  in
 aggiunta a quelli eseguiti prima dell'instaurazione del giudizio.
   3.  -  Nel  procedimento  e' stato compiuto un accertamento tecnico
 contabile.
                        Motivi della decisione
   La questione proposta.
   1. -  La difesa dei ricorrenti ha proposto, anche se  solamente  in
 via  subordinata,  la  eccezione  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art 12 della legge 22 luglio 1966 n.  613  nella  parte  in  cui
 esclude   gli  interessi  legali  nel  caso  di  restituzione  dovuta
 dall'INPS di  contributi  indebiti  corrisposti  da  artigiani  e  da
 commercianti, per la violazione dell'art. 3 della Costituzione.
   La rilevanza della questione.
   2. - La questione e' rilevante ai fini della decisione di una parte
 delle domande proposte nel giudizio.
   Ove   non   venisse   affermata   dalla   Corte  costituzionale  la
 illegittimita' costituzionale di tale norma la domanda dei ricorrenti
 di ottenere il pagamento dall'I.N.P.S. degli interessi  legali  sulle
 somme  che lo stesso istituto aveva dovuto restituire loro, in quanto
 contributi  divenuti  oggettivamente  non  dovuti,  dovrebbe   essere
 respinta.
   Il  pretore  giudica  che  non  interpreti  correttamente  la norma
 l'argomento sostenuto dalla difesa dei ricorrenti, per cui l'art.  12
 della  legge  12  luglio  1966  n.  613  non  si  applicherebbe  alla
 fattispecie,  perche'  coloro  che  ora  chiedono  il  rimborso   dei
 contributi divenuti indebiti non avrebbero piu' avuto la qualifica di
 artigiani  al  momento della nascita dell'indebito e della domanda di
 rimborso.
   Si deve invece  ritenere  che  la  norma  faccia  riferimento,  per
 escludere  gli  interessi legali nel caso di richieste di ripetizione
 di  contributi  non  dovuti  o  divenuti  indebiti,   alle   gestioni
 prevideii'ziali ove i contributi sono stati versati.
   Tale  interpretazione esclude - ove persistessero la validita' e la
 efficacia della norma in  esame  -  che  le  domande  possano  essere
 accolte.
   Il merito della eccezione.
   3. - La eccezione proposta non appare manifestamente infondata.
   3.1.  -  Il caso viene sollevato come una diversita' di trattamento
 normativo, non  razionale  e  non  giustificabile  sotto  il  profilo
 costituzionale,  nella disciplina della ripetizione di contributi non
 dovuti o divenuti indebiti versati all'I.N.P.S.  per  l'assicurazione
 della  invalidita' e vecchiaia. nelle c.d. gestioni per gli artigiani
 e i  commercianti,  rispetto  a  quanto  disposto  in  ogni  caso  di
 ripetizione di indebito, ed anche nelle altre gestioni previdenziali.
   3.2. - Molto sommariamente, con considerazioni che si riferiscono a
 nonne  in materia di interessi legali e di ripetizione dell'indebito,
 si richiama innanzitutto la regola  del  nostro  ordinamento  civile,
 l'art. 1282 c.c., per cui "i crediti liquidi ed esigibili di somme di
 denaro  producono  interessi di pieno diritto salvo che la legge o il
 titolo stabiliscano diversamente".
   Come si rileva il principio affermato dalla norma e' la doverosita'
 degli interessi legali  come  costante  generale  per  i  crediti  di
 denaro, salvo le specifiche deroghe disposte dalla legge.
   3.3. - In tema di indebito oggettivo si richiama la norma dell'art.
 2033 c.c. per cui "chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto
 di  ripetere  cio' che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli
 interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala
 fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda".
   3.4.  -  Si  ricorda,  sempre  come  delibazione   sommaria   della
 eccezione, che nel molto articolato sistema previdenziale - formatosi
 con il costituirsi e con l'accavallarsi nel tempo di diverse gestioni
 dei contributi per le nuove categorie professionali cui veniva estesa
 la  sottoposizione alla previdenza per la invalidita' e la vecchiaia,
 e nella conseguente pluralita' di norme e di discipline diverse,  non
 ancora   ricondotte  ad  unita'  o  a  una  maggiore  uniformita'  di
 regolamentazione - non consta che esistano altre categorie sottoposte
 alla contribuzione per le quali siano  stati  esclusi  gli  interessi
 legali  per  le  ipotesi di restituzione di contributi oggettivamente
 non dovuti, o divenuti  indebiti,  che  rientrano  normalmente  nella
 fattispecie di cui all'art.  2033 c.c.
   3.5. - In base alle sommarie enunciazioni fatte si considera che la
 esclusione  degli  interessi legali prevista dall'art. 12 della legge
 12 luglio 1966, n.  613,  costituisce  una  significativa  deroga  ai
 richiamati  criteri delle norme civili in materia di interessi legali
 e di  ripetizione  dell'indebito,  ed  una  rilevante  diversita'  di
 trattamento  rispetto  alla  disciplina  data  in proposito per altre
 categorie di contribuenti lavoratori autonomi, ed anche a quella  che
 riguarda   le   assicurazioni   dei   dipendenti   dell'industria   e
 dell'agricoltura.
   3.6. - La deroga e la difformita' sono state disposte con legge, da
 applicarsi fino all'eventuale dichiarazione della sua  illegittimita'
 costituzionale.
   Si  deduce  e  si sospetta che la diversita' di disciplina disposta
 dal legislatore non abbia avuto o non conservi, secondo  i  parametri
 costituzionali  tratti  dalla  norma  dell'art. 3 della Costituzione,
 idonee  e  valide  ragioni,  che   derivino   dalle   caratteristiche
 specifiche  del  rapporto  assicurativo-previdenziale delle categorie
 come regolato  dalla  legge,  sopratutto  ove  si  consideri  che  la
 esclusione  dal  pagamento degli interessi legali riguarda un aspetto
 del tutto marginale della disciplina  previdenziale  ed  una  ipotesi
 eventuale,   di   scarsa   importanza   oggettiva   per  il  bilancio
 dell'istituto,  mentre  rappresenta   un   sensibile   strappo   alla
 osservanza  di  regole normali dei rapporti economici civili, per gli
 interessati alla restituzione di somme.
   4. - Quanto si e' constatato sotto  il  profilo  della  delibazione
 della  non  manifestata  infondatezza  e'  sufficiente a rimettere la
 eccezione alla Corte.
   Si  ritiene  opportuno  esporre  alcune  altre  considerazioni  che
 possono  concorrere  al  giudizio  sulla  denunciata irrazionalita' e
 sulla disparita' di trattamento della  norma,  spettante  alla  Corte
 costituzionale.
   I  fatti  del  processo  mettono  in evidenza come di fronte ad una
 impresa che aveva provveduto a mettersi in regola con la piu' elevata
 contribuzione accertata dall'I.N.P.S. e che aveva chiesto  nel  corso
 dello  stesso  1985  la  ripetizione dei contributi versati, divenuti
 indebitamente corrisposti, l'istituto abbia  provveduto  al  rimborso
 solo quando le e' pervenuto il sollecito formale al pagamento inviato
 da un legale, come prodromo di un'azione giudiziaria, al limite della
 prescrizione decennale.
   La  vicenda  non  costituisce  affatto  un  caso  isolato:  esso si
 inserisce nel quadro di un fenomeno  frequente  nell'ultimo  decennio
 nelle aule delle Preture del lavoro.
   Si  e'  constatato  e  si  constata,  tra  l'altro, come l'I.N.P.S.
 ritardi il pagamento dei propri debiti, non solo  quando  le  pretese
 riguardano  somme  dovute  quali  differenze  per  ratei arretrati di
 pensione, ma anche in molti casi di  rimborso  di  contributi  e  dei
 relativi   interessi   legali   accertati  con  sentenza  passata  in
 giudicato, in altre gestioni.
   In molti casi la difesa in  giudizio  da  parte  dell'I.N.P.S.  per
 quanto   riguarda   il  pagamento  degli  interessi  legali  e  della
 rivalutazione monetaria per somme di denaro pagate in ritardo,  sulla
 cui   doverosita'   sarebbe   inutile   discutere  sotto  il  profilo
 tecnico-giuridico,  viene  condotta  dal  servizio  legale in maniera
 sistematica e strenua.
   In tali casi appaiono metodi tipici dei "cattivi debitori", che  si
 giovano dell'intasamento degli uffici giudiziari del lavoro, che essi
 stessi concorrono in misura rilevante a determinare.
   Tale  tendenza  -  che  appare  essere  il  frutto  di una linea di
 politica gestionale e giudiziaria  dell'I.N.P.S.  -  ha  trovato  del
 resto   recenti   importanti   e  reiterate  conferme  da  parte  del
 legislatore,  il  quale  ha  emesso  norme  che  escludono  anche  il
 pagamento  degli  interessi legali e degli stessi diritti di credito;
 norme tutte sottoposte al giudizio della Corte costituzionale.